Mettere in circolo le idee

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In sala riunioni Giacinto Gattermayer indica una bacheca: fotografie, obiettivi dichiarati, caratteristiche riguardo le aree del Pensare, del Sentire e del Fare. È il quadro d’insieme del progetto Relation Pro Sport, modello di crescita e sviluppo personale elaborato da Sport4LifeCoach, che segue già una ventina di atleti e due squadre. «Ci stiamo chiedendo se sia il caso di prendere un’altra bacheca…» In effetti lo spazio è quasi al completo, e questo testimonia come Sport4LifeCoach sia un ribollire di attività, ad appena sei mesi dall’inaugurazione della sede di San Martino Siccomario.

«Un bilancio dei primi sei mesi? Fantastico» dice Giacinto, senza nascondere l’orgoglio. «Siamo partiti con tante idee ed entusiasmo, ma senza una dimensione esatta di cosa sarebbe potuto essere, perché non esistono altri posti come questo. Per me è stimolante, faticosissimo… Non immaginavo di essere qui in sede per così tanto tempo. Tre, quattro weekend di fila. Immaginavo di seguire costantemente, ma non di avere un coinvolgimento simile. La mia azienda madre l’ho ereditata e l’ho fatta crescere, mentre qui ho iniziato da zero, vedo formarsi i primi passi, ed è altamente gratificante. Percepisco curiosità, interesse, ma anche bisogno: abbiamo reso tangibile e fruibile un’esigenza che era nell’aria, un bisogno che proviene dagli sportivi ma delle persone in genere. E ora sta verificandosi quello che dicevo all’inizio della nostra avventura: attenzione, questa cosa può diventare enorme e bisogna mantenerne il controllo. La curiosità e l’interesse cominciano a diffondersi; al nostro centro arrivano persone che bussano e dicono: ‘Non ho capito bene cosa fate, ma voglio farne parte’.
Le cose stanno nascendo così, spontaneamente e progressivamente. Perché la professionalità si avverte e l’entusiasmo è contagioso. Ma il ruolo che io ho all’interno del Progetto mi impone di preoccuparmi di dominare la situazione. Diventerà necessario dire di no a diverse opportunità, a costo di apparire elitari, per poter mantenere il livello altissimo, come quello dei professionisti che abbiamo oggi in Sport4LifeCoach.» Osserva l’area multisport dall’alto. Da poco il pavimento ha un grip che aumenta la resistenza rispetto ai primi mesi. Non per frenare, ma per avere più controllo. Sembra una buona metafora.

«Solo quando vedi questo posto di persona, capisci.» Vedere un centro sportivo simile riguarda il presente ma ancora di più il passato. Perché un imprenditore deve avere – appunto – visione, lungimiranza. «O forse pazzia» scherza Giacinto. Al tempo stesso, un progetto senza precedenti deve necessariamente essere strutturato e monitorato, perché si rischiano emorragie di risorse, incomprensioni su quello che si deve e si può fare. Lui ha una lunga esperienza a cui appoggiarsi per capire fin dove spingersi. E non vuole porre limiti, ma piuttosto dare segnali: «Potevamo fare molto meno di così» dice, facendo un cenno intorno, a comprendere il centro di Sport4LifeCoach nella sua interezza. «Invece ho detto: facciamolo per bene. Serve a dare una certa impronta. Abbiamo una missione, qui: allenare sportivi e formare persone.» 

Poi racconta una storia emblematica di questi mesi. L’incontro con Beatrice Barbera, giovane motociclista professionista sarda, che era in cerca di uno sponsor per correre il motomondiale femminile. Ventiquattro ragazze di tutto il mondo, soltanto due italiane. «Beatrice è arrivata a quei livelli da sola. È la classica atleta che col nostro aiuto può solo migliorare. La sosterremo e lei gareggerà con la scritta Sport4LifeCoach sulla tuta, sul casco, sulla moto.» Significa mettere in circolo il marchio, quindi il progetto, le idee. «Entriamo nella fase due. Stiamo per iniziare con la promozione» spiega Giacinto. «Dovremo avere la forza di reggere l’urto. Nelle prossime settimane faremo una riunione per programmare a medio e lungo termine: metteremo in fila tutti gli elementi raccolti finora e capiremo come operare nel futuro.» 

All’ingresso del centro sportivo c’è un banchetto con alcuni cimeli. Uno è un casco da football americano: il casco personale di Paolo Loner quando giocava con la squadra di Merano, prima di raggiungere la massima serie e la nazionale italiana. A sollevarlo si resta sbalorditi da quanto sia pesante, pensando a cosa significasse correre in campo con una zavorra simile. Da allora sono passati tanti anni, la testa di Paolo nemmeno entrerebbe più nel casco, ma l’energia e l’entusiasmo con cui segue il sogno di Sport4LifeCoach sono l’energia e l’entusiasmo di un ragazzino. 

«Un bilancio sui cambiamenti di questi primi sei mesi? È cambiata la temperatura!» scherza lui. In effetti l’autunno è un ricordo lontano, il territorio scoppia di colori primaverili – risaie verdi e campi di colza in fiore. «No, è cambiato molto» aggiunge. Da sei mesi il suo sogno ha una casa. «Il lavoro qua dentro ha una potenza dieci volte superiore rispetto a quello che potevo fare senza un centro. Sono aumentate le possibilità per noi coach, e quindi per gli atleti. Adesso si è realizzato, ma era già nella mia testa. Infatti tutta l’attrezzatura sportiva che abbiamo preso per avviare il centro, in questi mesi l’abbiamo usata. Tutta.» Fa una pausa, guarda la luce entrare dalle finestre della sala polifunzionale. «Se ho gli strumenti per far girare le cose, mi diverto» dice. 

Poi Paolo inizia a elencare ciò che si è concretizzato qui dentro tra ottobre 2024 e aprile 2025, mettendo ordine al gran numero di trasformazioni e attività: «Sport4LifeCoach era a mia immagine e somiglianza, mentre oggi ha l’immagine dei progetti e di chi li segue. In questo semestre contavamo di far partire sei progetti: non solo sono partiti tutti, ma sono partiti più volte. Abbiamo dovuto anticipare. Poi abbiamo avuto almeno tre eventi al mese, ogni mese. Sono passate tante persone.» È evidente che per Paolo questo aspetto – la partecipazione delle persone – è davvero importante. «Stiamo conoscendo il territorio e stiamo facendoci conoscere, in un rapporto utile, di scambio. Stiamo coinvolgendo allenatori, genitori, media locali. Abbiamo stampato segnalibri e volantini con le attività del mese, li abbiamo portati nei circoli sportivi. E poi ci sono gli eventi culturali, che sono un enorme sostegno al nostro lavoro: perché si parla di un libro, ma per chi ascolta è come avere un altro allenatore.» La libreria della sala, alle sue spalle, conferma la centralità dell’attenzione alla cultura da parte di Sport4LifeCoach. 

«Ovviamente in questi mesi abbiamo affrontato qualche criticità. Atleti con cui abbiamo interrotto il percorso, perché non aderivano al progetto e ai patti che avevamo co-costruito con l’atleta e il suo allenatore prima di iniziare un percorso. La nostra proposta richiede adesione e disciplina, e non sempre le persone sono disposte a stare in questa fatica.» Del resto, la convinzione è parte fondamentale di un lavoro che richiede tempo e applicazione. «E abbiamo visto dei progressi che non mi aspettavo con questa intensità. Un esempio su tutti: il rapporto di fiducia delle giovani atlete con Laura Polato, la dietista del centro, ha dimostrato in fretta come lavorare bene sul piano alimentare migliora le performance.» 

Infine, Paolo racconta un aneddoto. Qualcosa che racconta forse meglio di tutto il resto lo spirito che ha animato Sport4LifeCoach in questi sei mesi. Un giorno ho preso un po’ di copie di Genitori in campo, il libro scritto dal nostro direttore tecnico Cristiano Pravadelli, che parla dell’esperienza dell’educare e dell’accompagnare nel percorso crescita. Ho girato la città e ho lasciate le copie in tutti quei box dove si possono prendere gratis i libri – i punti del book crossing. Un regalo. Quando sono tornato a vedere, ho scoperto che i libri non c’erano più. È bellissimo. Spariti, tutti!» Si accende in un sorriso. Sa cosa ha fatto: ha messo in circolo la cultura dello sport. «È stato come gettare dei semi: magari fioriranno. E se non fioriranno, allora ne getteremo degli altri.»

Tommaso Giagni